lunedì 15 aprile 2013

Lira: Dal XV secolo alla vigilia dell’Unita’ d’Italia (seconda parte)

Di STEFANO PODDI
Lira : banca austriaca[vai alla prima parte] La svalutazione delle varie lire, usate ancora come unita’ di conto, era un fenomeno tipicamente italiano, mentre la lira tornese di Francia e la lira sterlina inglese mantenevano sostanzialmente il loro potere di acquisto.
Il deprezzamento non era un movimento continuo bensi’ una serie di fasi di stabilita’, della durata tra i dieci e i venticinque anni, alternate a periodi di slittamento del denaro rispetto alla lira. Ma gia’ negli ultimi decenni del secolo XV si verifico’ un sostanziale consolidamento, in quanto grazie ai portoghesi e alla loro ricerca delle zone aurifere, aumento’ il flusso d’oro in Europa, mentre per quanto riguarda l’argento, l’attivazione di miniere nel Tirolo e nella regione sassone-boema, fece aumentare considerevolmente l’argento che arrivava in Italia in cambio di merci. Nel XVI e XVII secolo, per mezzo dei giacimenti d’argento e d’oro dell’America spagnola e portoghese, aumento’ considerevolmente il flusso di metalli preziosi verso l’Europa. Possiamo dividere gli anni che vanno dal 1500 al 1700 in tre periodi: dal 1500 al 1550 mezzo secolo caratterizzato delle guerre spagnole contrassegnate da carestie, devastazione e pestilenza; dal 1550 al 1620 settanta anni di ricostruzione e di espansione economica, e dal 1620 al 1700 un periodo di declino economico e di passaggio per l’Italia al rango di paese sottosviluppato. Nel 1562 nel Ducato di Savoia, Emanuele Filiberto, tramite una generale riforma monetaria, tento’ invano di reintrodurre il sistema di conto di lire, soldi e denari; impresa questa che riusci’ invece a Vittorio Amedeo I, che nel 1631, riporto’ in tutto il Piemonte il sistema di lire, soldi e denari al posto di quello vigente, importato dalla Francia che prevedeva denari, quarti, grossi e fiorini. Il settecento fu il secolo delle riforme anche in campo monetario, le riforme localmente delimitate ebbero caratteristiche diverse, ma ispiratrice di ognuna di esse era la teoria monetaria dei filosofi illuministi, che possiamo tentare di sintetizzare in alcuni punti salienti: 1) stabilizzare la parita’ metallica delle monete. 2) controllare la circolazione della moneta piccola o moneta erosa. 3) razionalizzare il sistema di multipli e sottomultipli della moneta unitaria di base. 4) mantenere l’esatto rapporto di intrinseco fra i multipli e i sottomultipli delle monete coniate e anche rispetto al cambio nominale e legale fra oro, argento e rame. 5) fare in modo che un determinato numero di lire, pagato nei diversi Stati, corrispondesse alla stessa quantita’ di metallo fino. Purtroppo alla enunciazione di questi sanissimi principi di circolazione monetaria non segui’ la loro completa realizzazione, a causa dell’effetto combinato delle inadempienze, delle cosidette eccezioni e degli errori. La seconda parte del secolo XVIII venne caratterizzata da una relativa stabilita’ monetale e alla vigilia della Rivoluzione Francese la lira era coniata secondo queste modalita’: la lira sabauda di 0.35 gr. d’oro, la lira genovese di 0.22 gr. d’oro, la lira milanese di 0.24 gr. d’oro, la lira veneziana di 0.16 gr. d’oro e la lira fiorentina pari a 0.26 gr. d’oro. In Francia invece circolava la lira tornese, divisa in 20 soldi o in 240 denari, contenente 0,29 gr. d’oro fino, ma durante la Rivoluzione Francese, nel 1793 una legge stabili’ che i conti delle spese pubbliche invece di essere tenuti in lire, soldi e denari, dovevano essere tenuti in lire, decimi e centesimi. In seguito con la legge del 17 Germinale anno XI (28 marzo 1803) Napoleone normo’ le riforme progettate sotto la Convenzione e il Direttorio ponendo alla base del sistema monetale francese il franco in argento da 100 centesimi, di 5 g. di peso e in lega al 900/1000, con un rapporto oro/argento di 1 a 15,5. Tale riforma venne estesa al Regno italico con Decreto n. 21 del 21 marzo 1806, dove la nuova unita’ monetale aveva le stesse caratteristiche del franco francese ma era denominata lira italiana, anch’essa ripartita in 100 centesimi, unificandone per la prima volta il valore in tutto il Regno d’Italia. In seguito l’effetto della Restaurazione si fece sentire secondo forme e modalità differenti: negli Stati Sabaudi si tento’ dapprima di tornare al sistema prerivoluzionario della lira divisa in 20 soldi e ognuno di questi ripartito in 12 denari, ma poiche’ era ormai invalso l’uso di contare i franchi in cento centesimi, si decise di adottare un sistema monetario basato sulla partizione napoleonica; quindi nel 1816, tramite Regie Patenti, Vittorio Emanuele I ordino’ che l’unita’ monetaria locale fosse la lira nuova di Piemonte suddivisa in centesimi di lira. Mentre in Toscana, nel 1826 il Granduca autorizzo’ la zecca a emettere un moneta d’argento chiamata Fiorino suddivisa in 100 quattrini. Nel Lombardo-Veneto le vicende in tema di circolazione monetaria furono piu’ complesse, dapprima alle monete del periodo napoleonico vennero affiancate monete austriache d’oro e d’argento, poi Francesco I attraverso Sovrana Patente introdusse un nuovo ordinamento monetario su base bimetallica con la lira austriaca, poi ancora dal 1858 fu varato un ulteriore sistema monetario che si basava sul fiorino valuta austriaca, che rimase in voga fino all’arrivo dei Piemontesi.

Pubblicato il 11 aprile 2013 su www.noicollezionisti.it
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